venerdì 14 agosto 2009

Il senso dello Stato

11 agosto, ore 13.30. Il TAR del Lazio, importante istanza della giustizia amministrativa del nostro Paese, ha sentenziato che i professori di religione non possano prendere parte agli scrutini.

E’ un pronunciamento. Comprensibile, discutibile, accettabile, inaccettabile, fondato o infondato che esso sia, si tratta di un pronunciamento di una magistratura del nostro Stato.

La prima notizia che la tv di dello stesso Stato, pagata dai cittadini (quei pochi che si ostinano a pagare le tasse, tra le quali va annoverato il canone RAI) attraverso il suo principale organo d’informazione (il TG1) è tuttavia dedicata alla furibonda reazione al provvedimento della Conferenza episcopale italiana.

Si badi bene, dopo uno scarno riferimento alle motivazioni del pronunciamento, ampio spazio alla critica proveniente d’Oltretevere.

Si tratta dell’ennesimo caso di bieca acquiescenza alle gerarchie vaticane che in questi tempi monopolizza l’informazione italiana, ed in particolare l’informazione pubblica.

La domanda che, come usa dire, sorge spontanea è la seguente: da quale parte dovrebbero i nostri concittadini essere confermati nel loro endemicamente latente senso dello Stato se la tv di Stato è la prima ad avviare il linciaggio contro gli organi dello stesso Stato?

Ci tranquillizza pensare che vi è un’autorità laica che resta al di sopra dei diktat vaticani: si tratta del Presidente del Consiglio, il cui nome adamantino è menzionato a reti unificate solo per tesserne le lodi. Forse perché anch’egli è unto dal Signore.

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