lunedì 31 agosto 2009

Eversore della morale pubblica

Le mani dell'amato leader hanno saldamente in pugno i gangli vitali (o quel che ne resta) del sistema di informazione del Paese e possono attingere alla immensa mole di materiali "sensibili" - falsi, veri, verosimili - prodotti dalle mille forze di polizia attive in Italia, il cui scopo precipuo sembra essere una assidua opera di disinformazione. Questa è la chiave di lettura del "mistero Boffo" che ha volto in tempesta i rapporti tra Governo e Santa Sede e i cui particolari il servizio pubblico radiotelevisivo ha ritenuto di non dover comunicare ai contribuenti, che evidentemente non sono ritenuti in grado di comprendere appieno la delicata situazione.
Dovendo servire due padroni al momento contrapposti, l'ottimo direttore del TG1 ha fatto tesoro della memorabile lezione di Ugo Zatterin, che riuscì a dare notizia dell'approvazione della legge Merlin senza citare nè le traviate, nè i luoghi del vizio.
Infine: sono più gravi le (presunte) frequentazioni omosessuali del direttore di un quotidiano o le appurate frequentazioni del primo ministro con minorenni e prostitute, in qualità di utilizzatore finale dei servizi di queste ultime?
La difesa dello stile di vita dell'amato leader costringe i suoi famigli a scendere sempre più in basso nella scala del pettegolezzo, facendo strame di quella pubblica morale della quale l'amato leader si vorrebbe esempio inarrivabile.

venerdì 14 agosto 2009

RAI: la guerra ai contribuenti con i soldi dei contribuenti

Questa nostra grande RAI, il servizio pubblico, trova sempre modo di stupirci.

E’ grande infatti il mio stupore di contribuente nello scoprire che il servizio pubblico pagato con le mie tasse (canone) ritiene che io non possa seguire la partita di calcio della Nazionale, i cui diritti sono stati acquistati con i miei quattrini, attraverso il decoder digitale in mio possesso (Sky).

Anzi, per iniziativa del suo nuovo Direttore generale il servizio pubblico si avvia ad oscurare tutti i canali (di pubblico servizio) attualmente visibili su Sky per trasferirli su una nuova piattaforma comune con Mediaset, i cui costi di implementazione sarei propenso a credere ricadranno sempre sulla collettività.

Qual è il senso di tutto ciò? Perché la RAI limita la visione di un servizio pubblico pagato con i soldi dei contribuenti e ci costringe ad acquistare un nuovo decoder per fruire di un servizio a fronte del quale siamo tenuti a pagare una tassa?

Se le strategie della RAI, tradizionalmente molto sensibili agli input del Palazzo, prevedono una limitazione della fruizione del servizio pubblico, allora si liberino i cittadini dall’onere di pagare un servizio che viene loro negato.

Il senso dello Stato

11 agosto, ore 13.30. Il TAR del Lazio, importante istanza della giustizia amministrativa del nostro Paese, ha sentenziato che i professori di religione non possano prendere parte agli scrutini.

E’ un pronunciamento. Comprensibile, discutibile, accettabile, inaccettabile, fondato o infondato che esso sia, si tratta di un pronunciamento di una magistratura del nostro Stato.

La prima notizia che la tv di dello stesso Stato, pagata dai cittadini (quei pochi che si ostinano a pagare le tasse, tra le quali va annoverato il canone RAI) attraverso il suo principale organo d’informazione (il TG1) è tuttavia dedicata alla furibonda reazione al provvedimento della Conferenza episcopale italiana.

Si badi bene, dopo uno scarno riferimento alle motivazioni del pronunciamento, ampio spazio alla critica proveniente d’Oltretevere.

Si tratta dell’ennesimo caso di bieca acquiescenza alle gerarchie vaticane che in questi tempi monopolizza l’informazione italiana, ed in particolare l’informazione pubblica.

La domanda che, come usa dire, sorge spontanea è la seguente: da quale parte dovrebbero i nostri concittadini essere confermati nel loro endemicamente latente senso dello Stato se la tv di Stato è la prima ad avviare il linciaggio contro gli organi dello stesso Stato?

Ci tranquillizza pensare che vi è un’autorità laica che resta al di sopra dei diktat vaticani: si tratta del Presidente del Consiglio, il cui nome adamantino è menzionato a reti unificate solo per tesserne le lodi. Forse perché anch’egli è unto dal Signore.

martedì 11 agosto 2009

Tardive resipiscenze

Tardive resipiscenze appaiono quelle di Paolo Guzzanti, un passato di imitatore e giornalista di Repubblica, padre dei due comici engagè Sabina e Corrado, un presente di giornalista del Giornale e (ovviamente) senatore del PDL.
Trascorsi i tempi felici della Commissione Mitrokhin, grazie alla quale il nostro ha potuto acclarare verità storiche fondamentali (Cossutta andava a Mosca!) e lanciare personaggi indimenticabili (l'agente segreto Scaramella), l'oggi del sen. Guzzanti appare più problematico. Dopo la polemica con la ministra Carfagna, in occasione della quale è stato coniato un interessante neologismo (mignottocrazia), il sen. Guzzanti si avvede dello scandalo dato dal Presidente del Consiglio, delle cui avventure erotico-sentimentali il Guzzanti sarebbe esaurientemente informato. Evidentemente impegnato nello svelare le trame del KGB il sen. Guzzanti non si è probabilmente avveduto delle caratteristiche dello schieramento politico che lo annovera tra i suoi eletti (meglio: nominati) e in particolare sulle qualità morali dell'amato leader.
Le sue recriminazioni arrivano però fuori tempo massimo e, se ci è consentito, da un pulpito poco autorevole. Too little, mr. Guzzanti, and too late.